lunedì 29 marzo 2010

PER LE VITTTIME DELLA MAFIA 20 marzo 2010

ASSOCIAZIONE CULTURALE DUE FIUMI

Sono ormai alcuni anni che l'Associazione Culturale Due Fiumi nell'ambito del  Concorso Letterario Garcia Lorca che dal 2006 gode del patrocinio della Provincia di Torino assegna un "Premio alla Cultura" che  viene conferito a personalità e/o associazioni che si siano distinte particolarmente nel campo socio-culturale.
Nel 2006 tale premio è stato assegnato alla professoressa Ida Abate, che fu insegnante di liceo del giudice Rosario Livatino, autrice del libro "Il PICCOLO GIUDICE - Fede e giustizia in Rosario Livatino - Prefazione Oscar Luigi Scalfaro. "Riconoscendo nel suo messaggio per la legalità il contributo determinante che le donne siciliane danno alla lotta contro la mafia".

Sulla rivista "Corrente Alternata" n. 3 anno 2006/2007 pag. 19 abbiamo ricordato l'evento con questo breve articolo:
   Abbiamo ascoltato mille volte le parole di Bertod Brecht: "Triste è quel paese che ha bisogno di eroi". Noi non crediamo che il giudice Rosario Livatino, nonostante le sue eccezionali qualità morali e intellettuali, i grandi meriti di magistrato (riconosciutigli, anche da coloro che Egli avvervasa), la sua onestà costantemente esercitata con impegno e sacrificio, intendesse diventare un eroe.
   Non è giusto aspettarsi da una persona, a qualsiasi livello essa operi, di sacrificare la propria vita per gli errori, per l'insipienza, per la disonestà altrui. Specie se costoro hanno la responsabilità ufficiale di un Paese. Un Paese che si nasconde dietro gli eroi, che sa solo applaudire ai funerali, dovrebbe coprirsi la faccia.
   Rosario Livatino, giovane giudice siciliano, viene assassinato a soli trentotto anni, reo di essere "pericolosamente onesto"; ma come può essere mai quel Paese dove è possibile essere condannati a morte per il reato di onestà. Onestà e coraggio, morale e fisico, perché Livatino, in un dato momento, comprende di essere condannato, eppure non torna indietro. Un anno prima era stato ucciso, insieme al figlio, il giudice Antono Saetta e lui, il giudice Rosario Livatino, "sa quel che l'attende". E' in quel momento che diventa un eroe. E altrettanto crediamo lo intuissero Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, essi tutti sapevano di essere in pericolo, come tanti altri prima e dopo. Dei miserabili e assassini ne hanno fatto degli eroi.
   Ma certamente onestà e coraggio vanno riconosciuti a Ida Abate, l'Autrice di questo libro. Lei che è stata insegnante di liceo del giovane Livatino, pure lei donna dalle alte doti morali. Ieri è stata ricevuta a Palazzo Cisterna, sede della Provincia di Torino. Era presente anche il Procuratore Giancarlo Caselli che ebbe a conoscere l 'ambiente siciliano, per le sue lotte, e la prof. Laura Romeo, rappresentante di "Libera". 
Anna Maria Gallo                                               
Torino 24 Ottobre 2006    
                                                         
Ecco un passo assai significativo della conferenza tenuta da Rosario Livatino su "Fede e Diritto" tratto dal libro. (pag. 78/79).
Compito del magistrato è quello di decidere. Orbene, decidere è scegliere e, a volte, scegliere fra numerose cose o strade o soluzioni. E scegliere è una delle cose più difficili che l'uomo sia chiamato a fare. Ed è proprio in questo scegliere per decidere, decidere per ordinare, che il magistrato credente può trovare un rapporto con Dio. Un rapporto diretto, perché il rendere giustizia è realizzazione di sé, è preghiera, è dedizione di sè a Dio. Un rapporto indiretto per il tramite dell'amore verso la persona giudicata. Il magistrato non credente sostituirà il riferimento al trascendente con quello al corpo sociale, con un diverso senso, ma con uguale impegno spirituale. Entrambi però, credente e non credente, devono nel momento del decidere dimettere ogni vanità e, soprattutto, ogni superbia; devono avvertire tutto il peso del potere affidato alle loro mani, peso tanto più grande perché il potere è esercitato in libertà autonoma. E tale compito sarà tanto più lieve quanto più il magistrato avvertirà con umiltà le proprie debolezze, quanto più si ripresenterà ogni volta alla società, che somma così paurosamente grande di potere gli affida, disposto e proteso a comprendere l'uomo che ha di fronte e a giudicarlo senza atteggiamenti da superuomo, ma anzi con costruttiva contrizione. Ed ancora una volta sarà la legge dell'amore, la forza vivificatrice della fede a risolvere il problema radicalmente. Ricordiamo le parole di Cristo all'adultera: "Chi di voi è senza peccato scagli la prima pietra". Con esse Egli ha additato la ragione profonda della difficoltà: il peccato è ombra e per giudicare occorre la luce e nessun uomo è la luce assoluta. Compito del magistrato non deve quindi essere solo quello di rendere concreto nei casi di specie il comando astratto della legge, ma anche di dare alla legge un'anima, tenendo sempre presente che la legge è un mezzo e non un fine. Verità che ritroviamo nelle parole che Gesù   ebbe a pronunziare quando, secondo  Marco, a proposito dello spigolare in giorno di sabato, rivolto ai farisei: "Il sabato è fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato".
Nota: Prma di iniziare la trattazione del tema, Rosario dichiarò che la conferenza era frutto di uno studio approfondito delle opere del giudice Piero Pajardi, presidente del tribunale di Milano, dalle quali aveva ripreso dei passi che nel suo testo non risultano virgolettati, poiché egli non pensava assolutamente a una pubblicazione. La relazione è riportata integralmente nella sezione "Documeni" del presente lavoro.  

Nella stessa occasione è stato assegnato il  premio speciale "Corrente Alternata" periodico culturale dell'Associazione alla dottoressa Gabriella Ebano per il suo libro "Felicia e le sue sorelle - Dal secondo dopoguerra alle stragi del '92 - '93 - venti storie di donne contro la mafia".
Gabiella Ebano, laureata in Storia, vive tra Roma e la Sicilia, terra natale del padre, dove svolge attività di fotografa in campo sociale ed etnografico.

Il libro raccoglie venti testimonianze di donne coinvolte in quanto madri, sorelle, mogli, di vittime uccise dalla mafia.

In ricordo di Felicia Bartolotta.

Sono tante le parole che avrei per ricordare la signora Felicia, ma per quano se ne possa parlare, è sempre poco per descrivere il suo immenso coraggio, la stupenda umanità e anche la sua sottile ironia.
L'ho conosciuta realitivamente tardi, circa due anni fa, ma da allora ho cercato, ogni volta che andavo a trovarla, di "assorbire" il più possibile gli insegnamenti di questa stupenda Maestra di vita. 
Le amicizie vere non si misurano in base al tempo, ma all'intensità del rapporto, alle frequentazioni e alle assonanze delle anime, e quando sono realmente forti proseguono al di là delllo spazio temporale e corporale, anche sfidando le leggi imperfette e crudeli della morte.
Più volte ho ricordato alla mia cara amica  come Lei, nell'aspetto ma soprattutto nel carattere forte e determinato, mi ricordava la mia cara nonna materna; e Lei era sempre pronta ad ascoltare i miei racconti, spesso molto drammatici, e mostrava, con vera partecipazione, la vicinanza emotiva verso una donna mai conosciuta, se non attraverso i miei ricordi. Non solo. La signora Felicia sembrava quasi dimenticare e mettere da parte il suo dolore immenso di madre alla quale la mafia ha tolto per sempre la gioia di vivere da quell'orribile notte del 9 maggio 1978.
Grazie, cara amica. Restaci nei tanti momenti bui che, purtroppo, il futuro tenterà, come trappole, di riservarci. Riscaldaci il cuore anche quando penseremo di non farcela più. Fai risuonare la tua esile voce come quando ripetevi senza sosta: " Non abbassate mai la testa!" e noi affronteremo senza paura i mille draghi pronti ad ogni angolo per divorarci.
Ancora grazie, Felicia.
Gabriella Ebano
Le fotografie e il brano di Gabriella Ebano sono tratti da "Il giornale di Cinnisi" mensile di informazione di Cinnisi, Terrasini e Punta Raisi (http://www.ilgiornaledicinnisi.it/) diretto da Giuseppe Biundo. Numero speciale Felicia e successivamente pubblicato su "Corrente Alternata" N. 3 anno 2006/2007 pag. 1/17.

  
Torino, 24 ottobre 2006
"Reagire alla mafia con la voce di donne". Titola così l'articolo di Rachele Masci che presenta il libro "Felicia e le sue sorelle". Ma non dobbiamo dimenticare le donne della mafia, quelle che l'anno appoggiata, corresponsabili almeno moralmente dei crimini dei loro uomini. Le donne possono essere diverse, ma non migliori degli uomini. Non si fanno sconti a nessuno, benché in una certa società siano esse a vestirsi di nero, a portare il lutto, a piangere forte: ma non c'è sororanza tra queste donne.
Soltanto con la coscienza della responsabilità per le proprie azioni ci si può salvare. I giovani sono la speranza, si dice, ma quale peso per tutte queste giovani persone alle quali viene offerto ben poco, in tema di speranza per il loro futuro personale. Essi debbono assistere quotidianamente a sfoggi di auto, di gioielli, di abiti sfarzosi, a sfoggi di denaro facile, a dichiarazioni oltraggiose di potere che fanno credere sia facile arricchirsi, persino entrando in politica.
Ebbene, tutto ciò indebolisce i nostri giovani, quelli a cui si guarda come la speranza per il futuro. Ma senza lavoro essi diventano facili prede della mafia.
Ma ritorniamo al bel libro della dottoressa Gabriella Ebano: esso risuona di una coralità di voci di accusa e di testimonianze degno di un'antica tragedia greca. Cori antichi di cui ancora risuonano le antiche pietre di Siracusa.
Di mafia parlò pure, con ironia ma con accento veritiero, Tomasi di Lampedusa, ricordando l'attonito Chevallery che i morti di mafia erano uno spettacolo insolito, persino già nel '700 e prima ancora.
Ma sempre parole, parole. E tanta assenza, perché se esistono il pavido e il disonesto, gli onesti sono molti di più e si aspettano di essere aiutati, anche a formare una coscienza di Stato, di appartenenza, di legalità, a guardare alla mafia non come qualcosa che è quasi una tradizione della normalità. Occorre che gli onesti, che sono numerori, sappiano riconoscere i propri diritti e a far vergognare gli altri.
Ancora parole, sempre facili a pronunciarsi. Come don Abbondio: " .... sono io che ho a che fare con i ribaldi".
La signora Ebano è stata ricevuta ieri insieme alla professoressa Ida Abate a Palazzo Cisterna, sede della Provincia di Torino. Era presente anche il Procuratore Giancarlo Caselli che bene ebbe a conoscere l'ambiente siciliano, per le sue lotte.
Anna Maria Gallo

Due giornate particolari
Sono le quattordici. E' una giornata grigia di fine ottobre. Ci troviamo all'aereoporto Sandro Pertini di Caselle in attesa dell'atterraggio degli aerei provenienti dalla Siclia e precisamente uno da Catania e l'altro da Palermo, da dove sbarcheranno la prof. Ida Abate, già premiata nell'ottava edizione del nostro concorso letterario del 1997, ed incontrata fugacemente al Festival Europeo della Poesia di Taormina nel 2001, e la dr. Gabriella Ebano giornalista, fotografa, volontaria in zone di crisi e quant'altro, che abbiamo conosciuto in occasione dell'inaugurazione della sezione chierese di "Libera" (Associazione di Associazioni contro le mafie fondata da Don Ciotti).
Sbarcata per prima la Ebano da subito si è immersa e ci ha immersi in una vivace conversazione.
Dopo un certo tempo indeterminato di questo full immersion ci accorgiamo che si stava avvicinando con un po' di circospezione una garbata signora con tanto di valigia. Travolti dall'esuberante dialettica di Gabriella ce la  siamo lasciata sfuggire. La garbata signora con tanto di valigia non era altri che  prof. Ida Abate che poverina si era recata in sala d'aspetto  aspettandoci pazientemente  per tutto quel tempo indeterminato.
Dopo aver lasciato del due gentili signore all'albergo (ospitate dalla Provincia di Torino, che per la prima volta ha conferito il patrocinio al Concorso Letterario Garcia Lorca), improvvisati chaperon ci ritroviamo intorno ad un tavolo per la cena al circolo ARCI Aldobaraldo, in compagnia di Rosanna Brufferio che si è rivelata preziosa segretaria della Consigliera Luisa Peluso, Presidente della Nona Commissione "Pari Opportunità - Relazioni Internazionali" che, nonostante la sua carica istituzionale ha conservato la stessa freschezza e grinta di quando ventenne, dirigeva l'occupazione di una fabbrica tessile. La bella serata è stata arricchita anche dalla presenza di Gino Nicosia e Pietro Polito mentre la prof. Ida Abate è stata il punto focale della bella compagnia.
Per la presenazione dei due libri la Provincia ha messo a disposizione la Sala dei Consiglieri di Palazzo Cisterna con la partecipazione del Presidente della Giunta Provinciale dr. Antonio Saitta, del Procuratore Generale della Repubblica dr. Giancarlo Caselli, della prof. Laura Romeo rappresentante dell'Associazione "Libera" e della Consigliera Luisa Peluso anima e fautrice di tutta l'operazione. Coordinatrice Paola Zoppi.
E' stato con viva emozione che davanti ad un folto pubblico, compreso alcune classi di scuole infeiori, la prof. Ida Abate autrice del libro "Il Piccolo Giudice", instancabile nella sua missione, ha parlato ancora una volta della vicenda umana e professionale del giudice Rosario Livatino che lei conosceva molto bene in quanto era stato  suo allievo di liceo ed ora sua infaticabile paladina dopo che è stato ucciso dalla mafia.     
Gabriella Ebano autrice de: "Felicia e le sue sorelle", libro che raccoglie venti interviste fatte a donne che in qualche modo legate alle vittime innocenti della mafia, e quindi contro la mafia, ha raccontato come dall'incontro con Felicia Bartolotta, madre di Peppino Impastato, donna di estremo coraggio, stupendamente umana nella sua sottile ironia, sia nato il primo passo che ha generato uno spontaneo passaparola, che ha legato come un filo invisibile, ma tangibile, da donna a donna, da vicenda a vicenda, le succesive interviste. 
Composta, garbata, quasi professorale Ida Abate, ciclonica, coinvolgente Gabriella Ebano.
A concludere l'incontro l'appassionato, quasi arrabbiato intervento della prof. Laura Romeo, che rappresentante di "Libera" esordisce sorprendendoci: "L'obiettivo di Libera, è quello di scomparire" Con questa provocazione intende farci capire senza mezzi termini, che se non ci fosse la mafia, non ci sarebbero eroi e non ci sarebbe bisogno di un'associazione come Libera. Lei che ha vissuto come moglie a fianco del Procuratore Generale Giancarlo Caselli sacrificando per anni l'intimità e la libertà della sua famiglia perchè suo marito necessita di scorta.
Infine, a coronare l'incontro, una profonda e amara riflessione del Pocuratore Generale Giancarlo Caselli, seguito da un dibattito con le scolaresche ed il pubblico presente.
E per concludere nel ringraziare tutti coloro che hanno contribuito e partecipato a queste due giornate molto intense in particolare vorremmo ringraziare la Consigliera Luisa Peluso per la sua disponibilità e l'aperta partecicipazione che ci ha ricordato, il mattino successivo, nell'ambito della premiazione del Concorso Letterario Garcia Lorca, dove sono state consegnate le targhe alla prof. Ida Abate e alla dr.Gabriella Ebano, in un appassionato intevento, vissuto sulla propria pelle, come la disumana precarietà, provocata dall'arroganza e protervia mafiosa, abbia costretto persone, che non erano in condizioni di potersi ribellare, ma  che non accettavano quella situazione, ad emigrare altrove, verso una prospettiva di futuro, lavoro e libertà.
Silvana Copperi
Luigi Tribaudino     

martedì 9 marzo 2010

i duecento anni di Chopin



Notturno n.12 in Sol Maggiore Op. 37 n. 2 (Andantino)

La tradizione associa questo notturno con Majorca, dove Chopin e George Sand passarono l'inverno 1838.
Pù di uno scrittore si è soffermato su questa tradizione, collegando la musica in maniera fantastica, ma anche affascinante, con il racconto che  la Sand fece del loro viaggio all'isola:
"Il timonere, per tenersi sveglio, cantò tutta la notte, ma con una voce così dolce e sommessa da pensare che egli temesse di svegliare gli uomini di quarto o che egli stesso fosse mezzo addormentato.
Non ci si stancava di ascoltarlo perché il suo canto era del genere più strano:
Egli teneva un ritmo e una modulazione completamente diversi da quelli a cui eravamo abituati e sembrava che lasciasse andare la voce a casaccio ... Più che una canzone era un sogno ad occhi aperti, una specie di aleggiare incontrollato della voce con cui la mente ha ben poco a che fare, pur mantenendo il tempo con il rollio della nave, con il debole suono dell'acqua scura, sembrando una vaga improvvisazione, limitata nondimeno da una dolce monotona forma".