lunedì 14 settembre 2009

JE SUIS PERDUE


 Luce scalza all'arenile
la risacca lambisce
acquose armille alle caviglie


fazzoletto stretto al collo
scintillante orecchino all'orecchio
rampante drago sul petto
un uomo danza nel vento
nel vento e nel mare
danza la sua danza


Una maschera d'oro gli trasfigura il volto


"Oh mia linfa
strappami le cosce dal tuo seno
crudele è il vermiglio graffiante della sera"


"Penso a te" pensava la donna, seduta su quella pietra, là, in riva al mare.
"Penso a te, a me, penso a noi. Penso al tuo suono, al tuo corpo, al tuo essere uomo. Penso alla nostra storia-non- storia .... incerta. Un filo da dipanare e sdipanare.                                                                
Ti sento presente, nell'aria. Mai come oggi. Anche se, sempre, come oggi".  

Le onde, lente e regolari, con il loro andare e tornare accompagnavano i suoi pensieri che morivano e smorivano insieme al lento frangersi sugli scogli.
Assorti gli occhi assorbivano la trasparenza della luce.
Sfocati come fogli sbiaditi, lenti come un lamento risalivano i ricordi. "Mai più nessuno mi farà male come te!" Pensava.

Si erano incontrati una sera di primavera. Un'occhiata, un colpo al cuore. Fulmineo.
"Eri bellissimo! Mi avvicinasti come nessuno mai aveva fatto. Un caffè, due lazzi, gli occhi negli occhi, indagatori, sorridenti. Vibrazioni, emozioni, un appuntamento e il gioco era fatto.
Il mio si nel tuo letto e un pensiero, infausto presagio, come un dardo".
Mentre ancora lui le sorrideva, mentre ancora lei gli sorrideva in un mare di stupore e confusione e progetti ... campati nell'aria.
"Oh fermare il tempo in quella magica notte!"
Ma il tempo è inesorabile, solo col pensiero lo si può fermare. Ma anche il pensiero è un veloce tiranno, corre corre ad acchiappare i ricordi.

"Ti ho portato dentro come un dono prezioso, un urto violento. Mi hai ferita, umiliata, calpestata, (ti ho lasciato fare), amata, desiderata, giocata. Mi hai trascinata nel vortice della tua pazzia, nel gorgo della tua disperazione, della mia disperazione.
Eri un Dio per me. Inadeguata a contenerti tutto.
Tutto troppo. Forse ..... oggi ... oggi si, oggi saprei ... forse".

Lui era un uomo crudele. Usava il suo brillante fascino beffardo per soddisfare quel bisogno insaziabile di misurare il suo ego .... all'inverosimile. Un mettersi alla prova continuo. Senza fine.
Il suo era gioco, divertimento, curiosità briccona. Come un bambino senza peccato che sevizia i sentimenti. Lasciando un segno. Come un marchio. Quasi sempre spiacevole. Anzi, meglio se spiacevole.

"Passavi come un ciclone violento e distruttivo. Noncurante dei brandelli che ti portavi addosso. Inutile zavorra.
Una recita da buttare in faccia al mondo. Senza pudori. Spregiudicatamente.
Questo amavi di te. Questo odiavo di te".

Il cuore della donna prese a battere velocemente. Un battito sordo. Lo sentiva pulsare contro la pietra.

"Quando ti incontravo la terra sfuggiva sotto di me. Era così difficile controllare l'emozione, la timidezza che mi assaliva, la voce che mi moriva in gola, bloccare quel groppo che mi attanagliava lo stomaco .... come avrei voluto scalarti ed espugnare quei varchi così inaccessibili".

Se solo avesse avuto più coraggio. più libertà nel discernimento. L'amore, la passione l'accecavano.
Se solo si fosse accorta della paura di lui. Della sua fragilità mascherata dall'arroganza.
Tutti e due erano prigionieri della paura. Una paura fottuta. Tutti e due nascondevano un'idea così alta dell'amore! Un'idea sublime. Per questo lo distruggevano. Così lui colpiva, feriva alla cieca e lei, si offriva alle ferite.

"Ci siamo dilaniati, colpiti con frecce velenose. E' forse questo l'amore? O è una mia invenzione. Io mi sono inventata di te?!".

La donna chiuse gli occhi. Si sforzava di ricomporre il puzzle e i ricordi affioravano. Pezzo per pezzo. Metterli insieme .... non aveva importanza.

Si distese, il corpo aderente alla pietra, come a cercare un amplesso. Quell'amplesso.
Un'asperità contro il pube sollecitò i sensi. Con impercettibili movenze, molto lentamente, prese a strofinarsi, le usci un gemito, l'invase un senso di languore. Accarezzò la pietra, la sentì morbida, levigata, morse le labbra  e cadde in un profondo delirio. "Apri le mani e mostrami le piccole stimmate lucenti come diamanti".
Un refolo di vento salito dalla cresta dell'onda le alitò nell'orecchio "Sei la mia ragazza".

"Sento la tua voce scendere come liquore caldo e forte. Sconvolge il mio intelletto, scuote la mia mente. Le tue parole colpo di frusta ai miei sensi.
Ti aspettavo come cagna fedele. Mi aprivo come puttana indecente. Era questo che più amavi di me. Era questo che più odiavo di me".

Un'onda più alta e più forte, improvvisa, rompeva quel moto regolare e sonnolento sollevando spruzzi che come perle impreziosivano il corpo della donna. Le mani con le piccole stimmate luccicanti scesero all'inguine.
"La tua linfa calda e densa onda voluttuosa nell'esplosione cosmica del mio sesso".

E poi quella telefonata.

"Uno schianto. Mi hanno detto. La mia corsa affannosa come quando delirante ti spiavo nella notte .... tra altre braccia".

La donna stordita fissò il mare cosparso di luccicanti diamanti come le sue mani.
"Ti amo". Gridò.
Lo gridò con gli occhi rivoltati dentro.
Con calma misurata sfilò la gonna, la maglietta e tutto il resto.
Nuda come Venere  si affacciò in punta alla pietra, si sollevò sulla punta dei piedi tese le braccia inarcò il corpo e si tuffò tagliando l'onda che si ricompose celandola al mondo.
Il suo corpo sottile s'inabissò nella profondità del mare. Risalì alla superficie spinta dalla forza propulsiva dell'acqua. Nuotò a lungo. Si lasciò andare ..... nel mare .... si lasciò cullare .... dal mare ....

L'amore come conchiglia racchiude in sé tutta la luce e l'ombra misteriosa dell'universo.

Je suis perdue dans la mer
Je suis perdue dans la mer des mes rèves
Je suis perdue en toi.

Je suis perdue.
La danza finisce e sfinisce
spalle al vento e al mare
la donna si volta a guardare
l'uomo che nella spuma del mare piano piano svanisce.
                                                                                                               S.C.            
Liberamente ispirato dal quadro "Je suis perdue" su progetto di Anna Maria Garavoglia.
     CCccccccccC       


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venerdì 11 settembre 2009



la risacca dall'onda fremente
spegne sulla riva l'ultimo ruggito
ed è silenzio

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