domenica 28 settembre 2014

"Scrivere poesia è per me un atto liberatorio, carmatico - INTERVISTA di Fulvio Castellani per la rivista CONFRONTO anno XXXVIII - n. 9 - Ottobre 212

La lezione della poesia, soprattutto al giorno d'oggi, è una lezione legata alla realtà in ogni sua sfaccettatura e va al di là degli schematismi e di sollecitazioni esterne: e la sua funzione è quella di incidere in qualche modo presso un pubblico non sempre incline a seguirne gli sviluppi ed a cantarne interpretazioni e visualizzazioni.
A ciò non sembra sfuggire neppure Silvana Copperi che, forte di una ricerca costante di equilibrio formale va catturando a sé l'attenzione di quanti stanno cercando, e non da ora, di catapultare la poesia (la poesia autenticamente fondante) nel contesto di una società che appare abbastanza frastornata e preda di una superficialità crescente, preoccupante.
C'è nella sua poesia, come ha avuto modo di scrivere Luigi Tribaudino a proposito dell'ultima silloge (Luoghi del silenzio), Book Editore, 2004), un partecipare "riflessivamente sia alla ricerca della sua interiorità che alla dimostrazione esteriore della sofferenza umana collettivamente offesa da un potere globale senza scrupoli".
C'è pertanto, nei suoi versi, sacrificati al massimo ed efficacemente intercalati da spazi bianchi che offrono la possibilità di ascoltare meglio il fascino del suggerito e le proiezioni in direzione del poi, un trattenuto e persistente percorso che esalta la parola, le letture del sé, la bellezza spaziale di un  profumo di lavanda, di nitore, di luce, di magia, di fili d'argento tra loro intersecati.
.... La prima silloge di Silvana Copperi ha per titolo Contrasti ed è stata pubblicata in quanto ha conseguito il primo premio al Concorso Nazionale "Anais Nin - città di Pioltello" nel 1995: una silloge breve che giustamente è stata indicata come "armonicamente compiuta in sé stessa" e "stilisticamente equilibrata". Sono poi seguite le sillogi L'altra metà del cielo dalle "notazioni brevi, sintetiche, costruite con un lessico dal tono estremamente figurale per definire spazi dell'anima struggenti e appassionati" (Giulio Panzani) e Io non ho nome per incantare i tuoi occhi con una nota di Marco Pautasso in cui si può leggere, tra l'altro, che "solo il silenzio .... consente di vivere le parole non come meri strumenti del comunicare, solo il lavorio del silenzio riesce a fare emergere dalle parole ciò che l'abitudine della nominazione non coglie, non riesce a rappresentare".
Ci piace aggiungere che scrive anche racconti e che è presente con sue opere in diverse antologie, tra cui Parole e forme per fine millennio (Ed. Ippogrifo, 1997).
D.  Domanda quasi scontata: perché si è avvicinata alla poesia e cosa va chiedendo alla poesia, soprattutto in questo particolare momento in cui i valori paiono scomparire?
R. Scrivere una poesia è la concretizzazione di un sogno, uno spiraglio di luce che affiora dall'oscuro mondo dell'inconscio, è la sintesi di un'emozione, di una riflessione, di un ragionamento, è l'immagine di noi stessi riflessa in uno specchio, perché la poesia parla di noi, delle nostre aspirazioni, paure, passioni, è la magica folgorazione di un momento topico, un atto creativo.  Per dirla alla Rimbaud è un'illuminazione. Io mi sono ritrovata a scrivere poesie già in età matura e quasi per caso. Cercavo per mia mamma, che ora non c'è più, in un momento doloroso della sua vita, un qualcosa che potesse interessarla, che la distogliesse da quella situazione e invece ho trovato qualche cosa per me. Un laboratorio di poesia ed in quell'ambito si leggevano e si confrontavano poesie scritte dai partecipanti, il tutto guidato da un maestro/poeta che mi ha in seguito "aureolata" poeta.  
Scrivere poesia allora è stato per me un atto liberatorio, carmatico. 
E' vero, poi, che il mondo di oggi si sta spogliando di valori ma non dobbiamo generalizzare. Non per tutti o per tutto è così. E' il mondo ufficiale, quello che ci viene mostrato e propinato ogni giorno che dà una pessima immagine di sé. Per contro le persone normali, quelle che incontriamo per strada ogni giorno, quelle che ci circondano e si arrabattano in questi tempi sempre più duri, sono le persone di sempre con i loro lati positivi e negativi. Diciamo che la poesia in senso tradizionale è molto distante da loro. Diciamo che ci sono molti più scriventi che lettori. Per i giovani, per esempio, c'è la musica. Anche quella è una forma di poesia e al di là del fatto commerciale ci sono ancora (forse sempre meno) autori di un certo spessore che cantano l'amore, la protesta sociale con il rap, e, se vogliamo, la poesia è già musica.
D. C'è un poeta che ha preso a modello, non necessariamente di casa nostra?
R.  Quando ho incominciato a scrivere ho anche incrementato le letture di poesia. Subito per affinità di brevità, mi sono sentita attratta da Ungaretti. In seguito ho apprezzato molto altri poeti, anche se, per me così minimalista, li trovavo troppo lunghi come, per esempio, la poesia di Pasolini. Sono stata anche molto attratta dalla Beat Generation ed ho cercato di imitarli in qualche modo. Ultimamente, però, mi sono appassionata   ad Amelia Rosselli, alla ricchezza del suo linguaggio; spesso mi capitava di avere un'idea in mente e di non riuscire a svilupparla allora mi bastava leggere delle sue poesie, anche prese a caso e benché il suo enunciato era ben distante dalla mia idea, subito trovavo le parole per sviluppare la mia composizione. Forse è dovuto alla musicalità o alla intellettualità che è intrinseca nella sua poesia. Amelia, così mi permetto di chiamarla l'ho sempre percepita come una grande amica. La sua poesia trabocca di umana consapevolezza, ha profondità - non esiste un'altra. Peccato che oggi è così dimenticata, anche se mi rendo conto che la sua poesia è piuttosto di difficile comprensione a differenza di Alda Merini, grande anche lei, che lasciandoci ha lasciato un grande vuoto. E che dire dell'intelligena e dell'ironia di Wislawa Szymboska? della meravigliosa profondità di Emily Dikinson e che dire dei "Quattro Quartetti di Elliot?
Mi intriga molto la scrittura di Edoardo Sanguineti, a mio avviso uno dei più alti intellettuali italiani del secolo scorso.
D. Quante volte è riuscita a dire a sé stessa: "Prorompente di/ vita/ come tigre/ ho ruggito" oppure "Vorrei sorgere/ come/ Venere/ e sciogliermi/ come neve"? E perché
R. Vi sono sensazioni che sono irripetibili. Come vi sono luoghi che trasmettono magicamente grande energia e vi sono attimi in cui siamo in grado di recepirla. E' un tutt'uno con l'universo intero (Esagero? Forse). Come pure è bellissimo in una condizione di smarrimento sentire questa voglia di sorgere come Venere (immagine pittorica del Botticelli, stupenda) e nello stesso istante sciogliersi, annullarsi dolcemente come neve al sole.
D. Cosa offre Torino, la sua città, a chi scrive poesia e si occupa a vario titolo, come lei all'interno dell'Associazione Culturale "Due Fiumi".
R. Torino è un crogiuolo di eventi e a livello istituzionale  e anche a livello amatoriale. Oggi sempre più difficile da organizzare. Vi sono periodi in cui è veramente un pullulare di attività. La poesia comune non ha tempo o voglia di dedicarvisi. Noi, come associazione, sopravviviamo almeno da venti anni e ci occupiamo prevalentemente di poesia. Devo dire che la poesia è anche il tramite per organizzare o invertarci delle opportunità. 
Oltre al Concorso Nazionale Letterario "Garcia Lorca", abbiamo anche una rivista "Corrente Alternata" che esce quando può anche per il fatto che coma associazione, penso, credo, siamo una delle poche che non hanno alcuna sovvenzione da parte delle istituzioni. Il nostro operato è tutto volontariato. 
Grazie alla vitalità intellettuale del nostro presidente Luigi Tribaudino (e non solo sua), ci siamo occupati, quasi sempre utilizzando la poesia come tramite di socialità organizzando performance, reading, presentazioni di libri, spettacoli a favore di qualcuno (per esempio a suo tempo per la Baraldini)  o qualcosa o contro qualcosa  (come la guerra); vorrei anche aggiungere che la poesia unita al teatro è un canale formidabile di comunicazione, d'impatto molto forte dove tutte e due le forme d'arte si fondono e trasmettono con forza il messaggio che si vuole trasmettere. A Settimo Torinese, cittadina alle porte di Torino, Enrico Lazzarin, che fa parte dell'associazione, amico e valido poeta, organizza annualmente, (in questo caso con la partecipazione del <comune di Settimo, la manifestazione "Poesia Vagabonda", giunta alla XIX edizione, in cui vengono invitati poeti come Jack Hirsmann (nostro fiore all'occhiello) assime a sua moglie Aneta Falk, poetessa anche lei di fama internazionale, anche musicisti, si organizzano eventi per le strade, luoghi altri come un'officina meccanica, si sono appiccicate poesie sulle fiancate dei pullman, tanto per citare qualche esempio. Una kermesse vivace ed originale di tutta poesia.
D. E' vero, come ha scritto Luigi Tribaudino, che lei "è molto riflessiva nello stendere i suoi versi" e che "è in continua, costante, persistente azione di labor limae" e che in pratica "impara e si trasforma camminando?   
R. Si, come si può evincere nelle ultime due raccolte, a differenza delle prime due che sono molto più istintive, c'è un grande lavoro di ricerca, di rifacimenti, di ripensamenti. Soprattutto mi premeva evolvere il mio linguaggio, trovare una forma di scritture più raffinata. Non so se ci sono riuscita, (spero). Ho tentato anche più volte di scrivere in endecasillabi (come Tribaudino), ma non è nel mio "respiro". Perché sembra strano, ma il metro pare che cammini con il ritmo del respiro e del battito del cuore, del pensiero oltre che alla musicalità delle parole che messe in fila una dopo l'altra formano una specie di partitura musicale che trascende il significato intrinseco dell'enunciato.
Ovviamente.
B. Che ruolo hanno per lei il silenzio, l'amore, il tempo, il cielo (spesso presente nelle sue poesie), la notte la cui "fredda ala ... /mortifica il mio sorriso"?
R. Il silenzio è fondamentale in poesia. Ma aggiungerei che in poesia è la logica conseguenza di un'esigenza dell'anima. Spesso ho bisogno di silenzio per ascoltare. Ma ascoltare cosa? il silenzio!!!!!
Il silenzio per esempio quello che produce la natura, sembra un paradosso, ma il frangersi delle onde del mare è un silenzio che apparentemente rompe il silenzio. Il proprio silenzio, quello prodotto dai propri pensieri, le proprie sensazioni, emozioni. Ascoltare il proprio silenzio!
Spesso di fronte a certe atmosfere il parlare mi dà tremendamente fastidio. Rompe un incanto. Quell'incanto che desidero assaporare fino in fondo e spesso mi chiedo come possono le persone in quell'attimo interloquire su una qualsiasi cosa anche banale, e allora dico: "sst! silenzio!"
L'amore. Nella mia esperienza di vita posso parlare di amore cosmico. nell'amore di coppia non ho avuto grande fortuna. "la fredda ala della notte/ mortifica il mio sorriso" si riferisce proprio a questo fatto. Non saprei che altro aggiungere.
Il cielo. Sono un tipo contemplativo. Posso stare ore a contemplare il cielo, sempre mutevole di nuvole, di colori, di luce. Il mare, quella linea di orizzonte ... e non pensare a nulla. E il silenzio! Magnifico!
D. Qual'è il libro o l'autore che rilegge volentieri? E tra i nomi nuovi chi  riesce a coinvolgerla maggiormente?
R. Quando finisco di leggere un libro che mi è piaciuto intensamente, mi riprometto sempre di rileggerlo ma non succede mai. Ultimamente mi ha coinvolta profondamente il romanzo di David Gross Man "Ad un cerbiatto assomiglia il mio amore"; l'ho sentito molto vicino allo stato d'animo che vivevo in quel momento. Un libro che ho letto e riletto e anche proposto al  laboratorio di scrittura dell'UNITRE di San Gillio, è "Deserto" di Le Clezio. L'ho trovato bellissimo. Vi sono pagine di pura poesia. Una fiaba nagica. Quando Le Clezio ha vinto il Nobel per la letteratura non potevo credere alle mie orecchie. Di lui e dei suoi libri non avevo mai sentito parlare e quando ho sentito che aveva vinto il Nobel sono stata osì felice come se il Nobel l'avessi vinto io. In un certo senso mi confermava la validità della mia passione per il suo libro.   
Anche "Il diavolo in testa" di Bernard Henry Levi mi aveva appassionata. Un libro degli anni 70/80 ma pare. Pure il libro "Dell' Inquietudine" di Soares alias Pessoa  è tra i miei preferiti. Mi sembra giusto anche citare Erri De Luca e pure "Nel nome della rosa" di Umberto Eco, bellissimo e tanti altri che ora non ricordo. 
Mi è capitato alcuni anni or sono, di aver cercato tanto un libro che avevo letto da ragazza dove alcuni passaggi mi avevano colpita in modo straordinario, ebbene a distanza di anni, rileggendo quel libro addirittura non ho più trovato non solo quell'emozione, ma nemmeno quel passaggio. Che dire? beata giovinezza che tutto ha ancora da scoprire!
D. Se potesse farlo, cosa butterebbe nell'immondezzaio della nostra società contemporanea anche per quanto attiene al mondo letterario?
R. Diciamo che quello che butterei neanche lo considero e se mi capita tra le mani non ha lunga vita, quindi non saprei cosa dire in quanto non conosco. Riflettendo un attimo però, tutto quello che è banalità, scontato o che ha come fine unico e ultimo l'inganno, lo sfruttamento, e come inganno intendo una forma di coercizione subdola, rivestita di carta luccicante come una caramella allo scopo di abbagliare, attirare e manipolare la forma mentis, ebbene, tutto questo e altro ancora è sicuramente trash, come usano dire in televisione, (uno dei mezzi spesso molto discutibile a questo riguardo). Invece vorrei parlare di quel mondo sommerso di poeti e scrittori, che come me non avranno mai una notorietà al di fuori della propria cerchia familiare e di amicizia. Vi sono creature che scrivono in modo semplice, vero e sincero. Altre che sono bravissime. Oltre ad essere molto brave in poesia hanno anche una base culturale molto  elevata. Altre ancora che raccontano le loro esperienze di vita di cui nessuno mai verrà a conoscenza se non nel proprio ambito. Parlo di un patrimonio ineguagliabile, di grande ricchezza  culturale e umana, che raccontano tradizioni antiche, ormai dimenticate e non recuperabili se non attraverso questi scritti che sono delle vere e proprie testimonianze.  Piccole perle luccicanti e nascoste. 
Voglio qui ricordare tutti quei poeti e scrittori che hanno partecipato (ne parlo al passato poiché abbiamo chiuso i lavori da almeno tre o quattro anni) e che partecipano a tanti altri concorsi desiderosi di farsi conoscere e speranzosi di ricevere un riconoscimento che gratifichi il loro io e il loro operato e anche la fatica che comporta comunque produrre un lavoro letterario e poetico.
A volte diventa anche difficile per le giurie delle varie sezioni fare una scelta tanto il livello è a pari tra i vari concorrenti.
Con Luigi Tribaudino abbiamo presieduto degli incontri all'UNITRE di San Gillio, un paesino vicino a Torino, ed è a queste persone che mi riferisco principalmente e da loro ho imparato la semplicità e l'autenticità dei sentimenti. 
Solo se si è autentici si può essere credibili e costruire o ricostruire un futuro sostenibile.
E di questi tempi sarebbe un miracolo.