domenica 1 novembre 2009

ALDA MERINI

Apro la sigaretta

come fosse una foglia di tabacco                                
e aspiro avidamente
l'assenza della tua vita.
E' così bello sentirti fuori,
desideroso di vedermi
e non mai ascoltato.
Sono crudele, lo so,
ma il gergo dei poeti è questo:
un lungo silenzio acceso
dopo un lunghissimo bacio.

poesia da me letta e molto amata nella performance teatrale
"Atutto tondo" con il gruppo "Ildegard von Bingen"

Sono nata il ventuno a primavera
  ma non sapevo che nascere folle
  aprire le zolle
  potesse scatenar tempesta.
Così Proserpina lieve
  vede piovere sulle erbe,
sui grossi frumenti gentili
e piange sempre la sera.
Forse è la sua preghiera.






O mia poesia, salvami

O mia poesia, salvami,
    per venire a te
scampo alle invitte braccia del demonio:
    nel sogno bugiardo
agguanta la mia gonna la sua fiamma
    e io vorrei morire
per i mille patimenti che m'infligge.
    Nulla vale la durata di una vita
     ma se mi alzo e divoro
con un urlo il mio tempo di respiro,
lo faccio solo pensando alla tua sorte,
mia dolce chiara bella creatura,
mia vita e morte,
mia trionfale e aperta poesia
    che mi scagli al profondo
perchè ti dia risonanze nuove.
    E se torno dal chiuso dell'inferno
torno perchè tu sei la primavera:
    perché rifiuti me germoglio,
    casto germoglio della vita tua?


O poesia, non venirmi addosso,
    sei come una montagna pesante,
    mi schiacci come un moscerino;
poesia, non schiacciarmi,
l'insetto è alacre e insonne,
scalpita dentro la rete,
poesia, ho tanta paura,
    non saltarmi addosso, ti prego.


ricordo con emozione la lettura  per televisione
fatta dalla Merini di questa poesia con quella sua voce così pacata
e intensa nello stesso tempo.


dalla raccolta "Vuoto d'amore"

Corpo, ludibrio grigio
con le tue scarlatte voglie,
fino a quando mi imprigionerai?
anima circonflessa
circonfusa e incapace,
anima circoncisa,
che fai distesa nel corpo?


poesia inserita nella performance teatrale "A tutto tondo"
del gruppo teatrale "Ildegard von Bingen"
di cui  faccio parte.

Canto delle donne


Io canto le donne prevaricate dai bruti
la loro sana bellezza, la loro "non follia"
il canto di Giulia io canto riversa su un letto
la cantilena dei salmi, delle anime "mangiate"
il canto di Giulia aperto portava anime pesanti
la folgore di un codice umano disapprovato da Dio,
Canto quei pugni orrendi dati sui bianchi cristalli
il livido delle cosce, pugni in età adolescente
la pudicizia del grembo nudato per bramosia,
Canto la stalla ignuda entro cui è nato il "delitto"
la sfera di cristallo per una bocca "magata".
Canto il seno di Bianca ormai reso vizzo dall'uomo
canto le sue gambe esigue divaricate sul letto
simile ad un corpo d'uomo era il suo corpo salino
ma gravido d'amore come in qualsiasi donna.
Canto Vita Bello che veniva aggredita dai bruti
buttata su un letticciolo, battuta con ferri pesanti
e tempeste d'insulti, io canto la sua non stagione
di donna vissuta all'ombra di questo grande sinistro
la sua patita misura, il caldo del suo grembo schiuso
canto la sua deflorazione su un letto di psichiatra,
canto il giovane imberbe che mi voleva salvare.
Canto i pungoli rostri di quegli spettrali infermieri
dove la mano dell'uomo fatta villosa e canina
sfiorava impunita le gote di delicate fanciulle
e le velate grazie toccate da mani villane.
Canto l'assurda violenza dell'ospedale del mare
dove la psichiatria giaceva in ceppi battuti
di tribunali di sogno, di tribunali sospetti.
Canto il sinistro ordine che ci imbrigliava la lingua
e un faro di marina che non conduceva al porto.
Canto il letto aderente che aveva lenzuola di garza
e il simbolo-dottore perennemente offeso
e il naso camuso e violento degli infermieri bastardi.
Canto la malagrazia del vento traverso una sbarra
canto la mia dimensione di donna strappata al suo unico amore
che impazzisce su un letto di verde fogliame di ortiche
canto la soluzione del tutto traverso un'unica strada
io canto il miserere di una straziante avventura
dove la mano scudiscio cercava gli inguini dolci.
Io canto l'impudicizia di quegli uomini rotti
alla lussuria del vento che violentava le donne.
Io canto i mille coltelli sul grembo di Vita Bello
calati da oscuri tendoni alla mercé di Caino
e canto il mio dolore d'esser fuggita al dolore
per la menzogna di vita
per via della poesia.

da"TESTAMENTO" - Crocetti


A Franco Basaglia


Il vento, la bora, le navi che vanno via                      
il sogno di questa notte
e tu
eterno soccorritore
che da dietro le piante onnivore
guardavi in età giovanile
i nostri baci assurdi
alle vecchie cortecce della vita.
Come eravamo innamorati, noi,
laggiù nei manicomi
quando speravamo un giorno
di tornare a fiorire
ma la cosa più inaudita, credi,
è stato quando abbiamo scoperto
che non eravamo mai stati malati.

pubblicata da "gli ALTRI" il 4 novembre 2009




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